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Adesso abbiamo bisogno di “una” Quinzi

by Franco Marucci

Non c’è alcun dubbio, concludendo e archiviando i commenti su Wimbledon, che hanno vinto due antipersonaggi. È anche vero che dei due la Bartoli rivincerà alla prossima congiunzione degli astri (benché, è vero, in finale c’era già arrivata); Murray si aggirava invece già come un falco, gli anni passati, su questo torneo, vi volteggiava sopra, e lo potrà far suo anche un’altra o più volte. Sul suo tennis nulla da obiettare, ha le carte in regola. Tanto più che Djokovic, l’unico che possa almeno ora contrastarlo sull’erba, sembra aver smarrito negli ultimi tempi il killer instinct. È anche vero che aveva quattro ore e mezza di tennis sulle gambe da venerdì, un carico che può non aver smaltito ieri.

Venendo al dunque, non sarò certo io a gettare acqua sul fuoco della vittoria di Quinzi: ne sono felicissimo e ho tifato forte durante il match esultando alla fine come tutti. Andiamoci però piano nello strombazzare che abbiamo il campione che vincerà tutto domani, e il prossimo n. 1 al mondo. Vincere questi tornei dei Grand Slams giovanili non è una condizione né necessaria né sufficiente per emergere nel tennis adulto, che è un’altra cosa. Bisogna iscriversi d’ora in avanti alla waiting list dell’ATP, e cominciare a pensare che ci vorrà un certo tempo prima di essere competitivi agli alti livelli. Come poi  dicevo ieri gli italiani sono piuttosto tardivi, e non mi stupirei se alcuni che Quinzi ha battuto arrivassero nei piani medioalti prima e più facilmente di lui (come Milojevic o Edmund, o lo stesso Chung).

Mi sono divertito a guardare, su Wikipedia, la List of Wimbledon Open Era Junior Champions, e dagli anni Sessanta in poi il numero dei n. 1 e dei top 10/20 (diventati tali dopo questa vittoria) è davvero impressionante (Borg, Lendl, Edberg, Cash, Federer, Monfils, Dimitrov… ), poi però ci si accorge anche che un buon 50% sono nomi di giocatori naufragati o anche di assoluti Carneadi: Mergea, Reid, Whitehouse, Humphreis, e mi fermo. Chi li ricorda? Attenuante doverosa: non tutti questi erano schiappe naturalmente, sebbene anche nel tennis ci siano come per i vini gli anni buoni e gli anni peggiori, ma non sono emersi per una somma di circostanze e imprevisti noti a quanti si occupano di sport.  È anche vero che qualche n. 1 sommo e nella Hall of Fame manca in questo palmarés. Chi augurerebbe a Quinzi la carriera di Nargiso, tanto per fare un esempio? Guarda caso i due giocatori non sono anni luce distanti come tipo di gioco e taglia fisica. Entrambi mancini, ruotano (o ruotavano) entrambi sul servizio soprattutto esterno e slice-piatto (slice Nargiso), e i movimenti si assomigliano: stesso lancio di palla molto (troppo!) basso con esecuzione rapidissima del colpo impedendo la lettura della traiettoria. Quinzi serve 30 km e anche più veloce, ma è un aumento fisiologico, inerente al progresso dei materiali e della muscolatura degli atleti. Altre somiglianze non ne vedo, d’accordo: Quinzi è quasi un principiante a rete dove non scende mai, laddove Nargiso praticava il serve and volley e a fondo ci stava il meno possibile; e il rovescio lo tirava a una mano rigorosamente, spesso in back. Quinzi, oltre che sul servizio, ruota molto sulla frustata di diritto, anche anomalo. Chiusa questa sommaria scheda tecnica, Nargiso non ha fatto per vari motivi una gran carriera, e oltre a quel torneo credo che, come più bel risultato mai ottenuto,  abbia battuto Emilio Sánchez a Roma una volta. A Wimbledon veniva con gran battage ma giocava bene un set e poi ammainava bandiera. Ed è entrato in declino troppo presto.

Abbiamo certo un buon gruppo maschile di giovani: e oltre a Quinzi maiuscolo hanno fatto benino Baldi, Napolitano e Donati; epperò non finisce qui, e di uno o due anni più giovani è un drappello di altri che hanno già fatto buoni risultati: per la famosa legge dei grandi numeri…qualcuno si farà valere. Il ritornello è che una Quinzi, al femminile, non la si intravede per il momento nemmeno col cannocchiale.

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2 comments

Earle X. Padilla 10 Luglio 2013 - 3:08

Questo Wimbledon resterà indimenticabile. Per il tennis, per lo sport, e anche per l’Italia. Perché, dopo addirittura 77 anni, la Gran Bretagna è tornata nell’albo d’oro del torneo più famoso, con un sicuro campione, Andy Murray, e perché, dopo 26 anni, Gianluigi Quinzi, un candidato campione, ha riportato un azzurro a vincere il titolo juniores. Lo scozzese e il marchigiano hanno in comune uno spirito vincente che non s’insegna in alcuna scuola, e li fa migliorare continuamente, in allenamento, per concretizzarsi poi in risultati sempre più eclatanti. Thtti sapevano che Murray aveva talento, ma ci ha impiegato più tempo del coetaneo Djokovic per esprimerlo, macerandosi per 4 finali Slam perse – proprio come coach Ivan Lendl – prima di mettere insieme i pezzi del puzzle che si è ricomposto proprio ai Championships. Con la doppia finale 2012 sullo stesso, mitico, Centre Court, dov’ha dolorosamente perso contro Federer nell’edizione classica e poi ha clamorosamente vinto con lo stesso avversario, ma nella versione olimpica. E adesso, il colmo dell’ironia per chi ha uno spiccato senso dell’umorismo, domando in appena tre set l’avversario più duro, Djokovic. Che, da junior, scherzava e che invece, da professionista l’ha anticipato in tutte le soddisfazioni: dai Major al numero 1. Proprio nella transizione fra i due tennis, under 18-seniores, Diego Nargiso, l’ultimo italiano a firmare il titolo sull’erba di Wimbledon, non aveva confermato tutte le aspettative. Colpa sua, colpa dell’ambiente e dei tempi. Ma Gianluigi Quinzi sembra molto più corazzato ad affrontare quest’insidiosissimo scoglio….

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Marisa E. Macdonald 21 Luglio 2013 - 1:26

Se a queste saprà unire una buona dose di umiltà e la capacità di non farsi attirare da tutti coloro che lo vorranno mettere subito su di un piedistallo, se continuerà a preoccuparsi prima di tutto del suo tennis e non si lascerà tentare dal diventare un piccolo divo, potrà davvero ottenere degli ottimi risultati. E in questo, indubbiamente avranno un grande peso le persone che lo circondano, visto che stiamo sempre parlando di un ragazzo di 17 anni.

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